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7. Seneca, Epistulae ad Lucilium
Firenze, sec. XV (1426)
membr.; mm 322 x 209; cc. I, 209, II’
Pluteo 45.32
Uno tra i codici di Cosimo il Vecchio de’ Medici (1389-1464), da lui commissionato insieme ad altri cinque (Plutei 51.5, 65.24, 73.5, 76.11, 76.57) a un copista di professione come Antonio di Mario (fl. 1417-1456) intorno alla primavera del 1425 (De la Mare), venne terminato circa un anno dopo, come si legge nella sua sottoscrizione: «Ego Antonius Marii filius Florentinus civis absolvi Florentiae X kalendas iunias anno Domini MCCCCXXVI» (c. 206r). Passato poi al figlio Piero (1416-1469), il cui ex libris è alla c. 209r («Liber Petri de Medicis Cos. fil.»), è reperibile nei suoi due inventari del 1456 e del 1464-1465 (nn. 67 e 70; cfr. Ames Lewis 1982 e 1984), e da allora è sempre rimasto nella collezione di famiglia.
Il manoscritto, che si presenta elegantemente decorato da una mano anonima con le iniziali di ogni libro a bianchi girari caratterizzate da fantasiosi elementi zoomorfi, i capita in azzurro ad ogni nuova epistola e tutti i titoli rubricati, conserva le Epistulae ad Lucilium (cc. 1r-206r), le apocrife Epistulae Senecae ad Paulum et Pauli ad Senecam (cc. 206v-208v) e l’Epitaphium Senecae (c. 209r).
Considerato una delle fonti classiche della medicina medievale, il grande intellettuale latino (4 a.C.-65 d.C.), che soffriva d’asma, affronta il problema della salute fisica, sempre accanto a quello della salute morale, oltre che nel De beneficiis (VI, 16, 2), in cui specifica le caratteristiche del vero medico, proprio nelle Epistulae (IX, 78: cc. 97r-102r; XV, 95: cc. 145r-152v), dove approfondisce meglio le tematiche legate al rapporto malattia-cura, naturalmente viste e valutate nella sua ottica stoica.
Si espone la c. 146v con un passo dell’epistola 95 sulla medicina.
[I.G.R.]
Bandini 1774-1778, II, col. 368; Ames-Lewis 1982, p. 124; Ames-Lewis 1984, pp. 100, 260; De la Mare 1992, p. 147; Seneca 2004, pp. 222-223, n. 59.