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Gli esempi proposti (nn. 21, 22, 23, 24) mostrano come nel corso dei secoli la forma del codice abbia conosciuto dimensioni assai diverse. Le caratteristiche materiali della pergamena e della carta, il contenuto testuale, la disponibilità economica e il gusto della committenza nonché la funzione cui l’oggetto era destinato sono tutti fattori che hanno inciso notevolmente sulle misure del libro manoscritto, determinando l’opzione per formati piccoli, medi o grandi. Un caso eclatante dell’interazione funzione/formato è illustrato nella sala successiva a proposito dei pezzi n. 35 e n. 36.
Varia di codice in codice anche il rapporto (proporzione) esistente tra le dimensioni dell’altezza (h) e della larghezza (b). I manoscritti greci in genere e i latini altomedievali mostrano una predilezione per formati dalle proporzioni più larghe, tendenti al quadrato (n. 21). In ambito latino si diffonde progessivamente il gusto per un formato più stretto, rettangolare (n. 23), vicino alla cosiddetta proporzione invariante, rispettata ancora nella moderna produzione editoriale. Il processo si acuisce con la diffusione della carta e comporta una generale standardizzazione. Eccezioni alle tendenze più diffuse – spesso dovute alle caratteristiche del testo contenuto – sono state comunque sempre presenti: è questo il caso del codice formato di oblungo, alto e stretto, esposto al n. 22.

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