» Gli antichi materiali scrittori
» Il rotolo
» Il codice
» I formati del codice
» Rotoli fuori dall’Egitto
» La produzione del manoscritto
» La pergamena e la carta
» La scrittura
» Formato e funzione: il caso della Bibbia
» Bibliografia
» Crediti
» Torna Su |
- LA PRODUZIONE DEL MANOSCRITTO

In epoca greco-romana i manoscritti sono di norma opera di scribi professionisti che gestiscono botteghe librarie o di schiavi che lavorano nelle case dei ricchi; in altri casi possono essere confezionati dagli stessi lettori o prodotti all’interno di biblioteche pubbliche da addetti (librarii).
Per tutta la durata del Medioevo la produzione del manoscritto è opera di centri scrittòri (scriptoria) monastici o di individui – laici, monaci o ecclesiastici – che in genere scrivono libri per committenti.
A partire dal tardo secolo XIV e nel secolo XV tale attività è affidata a un artigianato laico con le sue botteghe e a copisti, talora itineranti, che sempre più numerosi operano nelle città per soddisfare una richiesta di libri pressante per nuove e più ampie fasce di lettori.
Forme di produzione in serie sono documentate: fra esse quella denominata della pecia consisteva nella copiatura simultanea di fascicoli sciolti (pecie, appunto) di un testo universitario (n. 31). Episodico, invece, è il fenomeno dei cosiddetti “Danti del Cento”: secondo la tradizione, il copista fiorentino Francesco di ser Nardo da Barberino produsse intorno agli anni quaranta del secolo XIV cento esemplari della Divina Commedia per costituire la dote alle proprie figlie (n. 32.)
Né l’invenzione né la diffusione del libro a stampa, a partire dal secolo XV, fecero scomparire del tutto e subito il libro manoscritto, il quale continuò a lungo a restare in vita accanto alle edizioni di testi tipografiche (vi sono addirittura manoscritti che si rivelano copie di libri a stampa). Autografi o copie manoscritte di testi si sono conservati, insieme agli esemplari a stampa, nelle biblioteche private fino all’età moderna (n. 37).

Torna Su
|