29. Plinio, Naturalis Historia (libri I-XVI) Europa settentrionale, sec. XIII in. Il codice costituisce per composizione materiale, scrittura e decorazione un tipico esempio della produzione manoscritta di buon livello originaria dell’Europa settentrionale e databile ai primi del secolo XIII. Primo di due volumi – il secondo è il Plut. 82.2, che contiene i libri XVII-XXVII della Naturalis Historia –, ilmanoscritto vergato in littera textualis si caratterizza per il ricco apparato ornamentale, che comprende una grande pagina iniziale (c. 2v) dove è raffigurato Plinio mentre offre all’imperatore Tito la sua opera, iniziali decorate dal repertorio decorativo permeato di influenze insulari e iniziali figurate. Per queste ultime, come ha notato Giovanna Lazzi (Vedere i classici 1996), sembra che ilminiatore si sia rifatto ad «un repertorio collaudato, che tuttavia non ha nessuna attinenza con il testo». Tali iniziali, infatti, si rifanno a modelli di tipo liturgico o comunque religioso. Si vedano ad esempio il Cristo in maestà nella O a c. 141v o la Natività nella P a c. 147v. Nella figurina ritratta nella scena a c. 2v tra le fronde di un albero con in mano un cartiglio dalla scritta «Petrus de Slaglosia me fecit» è stato riconosciuto lo stesso miniatore del codice, forse originario di Slagelse in Danimarca. È invece certo, grazie agli studi di Filippo Di Benedetto (1972), che i due volumi Plut. 82.1 e 82.2 si trovavano nel secolo XV in un convento domenicano a Lubecca. Qui furono “scoperti” da Ludovico Baglioni, socio tra il 1413 e il 1433 di Gherardo Bueri (1386 ca.-1449), lontano parente dei Medici nonché capo della filiale di Lubecca del banco mediceo. Baglioni informò Cosimo (1389-1464) dell’esistenza dei due manoscritti e questi, su sollecitazione di Niccolò Niccoli (1364 ca.-1437), fece di tutto per entrarne in possesso e alla fine vi riuscì. Con questi due manoscritti arrivò così a Firenze il primo testimone integro dell’opera di Plinio: i codici entrarono a far parte della biblioteca del convento di San Marco per poi passare in Laurenziana, probabilmente per volere di Cosimo I. È possibile che sia stato proprio questo il manoscritto di Plinio visto da Pomponio Leto (1428-1497; cfr. Avesani 1962), mentre è certo che esso fu collazionato sistematicamente da Angelo Poliziano (1454-1494). Quest’ultimo, tra l’ottobre del 1489 e l’aprile del 1490, tenne un corso privato proprio su Plinio. La Naturalis Historia, del resto, era al centro del dibattito umanistico da un punto di vista sia filologico che scientifico (Charlet 2003). Si espone la c. 2v con la raffigurazione dell’autore che dedica l’opera all’imperatore Tito. Torna Su |
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