Introduzione
» Gli antichi materiali scrittori
» Il rotolo
» Il codice
» I formati del codice
» Rotoli fuori dall’Egitto
» La produzione del manoscritto
» La pergamena e la carta
» La scrittura
» Formato e funzione: il caso della Bibbia
» Bibliografia
» Crediti
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Non si può indicare nessuna data certa dell’invenzione o dell’inizio della diffusione del libro e nessuna delle forme proposte in questa mostra costituisce il vero embrione dell’oggetto che noi siamo abituati a considerare tale.
Idealmente la storia narrata dai manoscritti laurenziani qui esposti inizia e finisce con due pezzi assai particolari, diversissimi tra loro, eppure accomunati dalla eccezionalità: il coccio sul quale uno scolaro del II secolo a.C. copiò i versi di un’ode di Saffo, che ne costituisce il testimone più completo, e un rotolo giapponese del XIX secolo di contenuto erotico-grottesco che nelle nostre biblioteche rappresenta una vera rarità, anche per la sua lontanissima provenienza.
La mostra è divisa in due sezioni distinte. La prima è costituita da alcuni documenti provenienti dalla preziosa raccolta di papiri laurenziani, che offre una gamma di tipologie quasi completa: dagli ostraca ai frammenti dei rotoli di papiro di contenuto letterario, giuridico, liturgico, amministrativo, alle tavolette lignee cerate e plumbee, ai codici di papiro e di pergamena fino al frammento di un codice in pergamena del IV secolo d.C. che rappresenta il punto di collegamento con il segmento successivo.
La seconda sezione della mostra è dedicata alla raccolta dei manoscritti, che sono stati scelti in quanto rappresentativi del rapporto fra l’uso e la forma del libro nel mondo occidentale e, per quanto è stato possibile, in quello orientale.
Secondo un ordine generalmente cronologico, la storia della struttura del libro è scandita da ulteriori criteri: una volta adottata la forma del codice – di pergamena e, successivamente, di carta –, le tipologie proposte sono quelle dei centri di produzione, dallo scriptorium monastico di Corbie in Francia a quello imperiale di Costantinopoli, alle botteghe artigiane di alto livello in Italia e in particolare nella Firenze del Quattrocento, e nei paesi dell’Europa e dell’Asia, con l’esempio di un lussuoso manoscritto persiano.
La produzione di serie è rappresentata da un manoscritto “peciato”: il sistema della pecia regolamentato nelle università medioevali consisteva nella copiatura simultanea di fascicoli sciolti (pecie, appunto) di un testo universitario approvato. Più interessante ancora, ma del tutto episodico, l’esempio proposto dei “Danti del Cento”, di cui la Laurenziana conserva un capostipite: si tratta della copia della Divina Commedia in cento esemplari prodotta, secondo la tradizione, da un Francesco di ser Nardo da Barberino (secolo XIII prima metà) per far fronte alle spese per maritare le proprie figlie.
Alla Bibbia, il libro per eccellenza, è dedicata una vetrina in cui sono presentate due forme antitetiche: quella monumentale “atlantica” di Santa Maria del Fiore e la cosiddetta Bibbia di Marco Polo, di piccolo formato, destinata alla lettura privata.
Esempio di manoscritto d’autore è la raccolta miscellanea autografa di Giovanni Boccaccio (1313-1375), mentre con l’antologia, anch’essa in parte autografa, del letterato e scienziato Francesco Redi (1626-1697) si chiude il cammino delle scritture canonizzate e si entra nella stagione della biblioteca privata di manoscritti, che accompagna, ma non sostituisce, quella ormai consolidata degli stampati.
I due ultimi rotoli appartengono all’epoca moderna (secoli XVI-XVII e XIX) e provengono da aree geografiche molto lontane da noi, la Cina e il Giappone: rari nel contesto fiorentino e più in generale in quello delle biblioteche italiane storiche, testimoniano la persistenza in Oriente di una forma generalmente soppiantata da quella del codice nel mondo occidentale, che continuò peraltro ad usarla prevalentemente per fini liturgici e documentari.

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