32. Dante Alighieri, Commedia; Boezio, De consolatione philosophiae (volgarizzamento) Italia centrale (Firenze), sec. XIV Il manoscritto, composito, esemplato su due colonne in un’elegante bastarda cancelleresca, comprende una sezione principale, acefala e lacunosa, contenente le tre cantiche dantesche, precedute da 6 fogli con frammenti dai canti I-III,VIII-IX,XX-XXII,XXVIII,XXIX dell’Inferno, premesse a parziale completamento del testo e seguite dal volgarizzamento di Alberto della Piagentina del De consolatione philosophiae di Boezio (cc. 83r-101r), anch’esso lacunoso. Si tratta di una testimonianza certa, insieme al ms. Trivulziano 1080, redatto nel 1337 e ad oggi primo esemplare datato, dell’attività di Francesco di ser Nardo da Barberino, attivo come scriptor a Firenze nella prima metà del Trecento, che si sottoscrive alla fine della terza cantica (c. 80v): «Franciscus ser Nardi me scripsit in Florentia. Anno Domini mcccxlvii. Indictione Ia». La nota, rubricata, è preceduta dalla sigla del copista, anch’essa rubricata, «F.N.». Il codice, secondo il Petrocchi, sarebbe il capostipite del gruppo dei “Danti del Cento”. L’esistenza di un gruppo di cento manoscritti copiati tutti dallo stesso scriba, costretto a quest’attività per trovare una dote a ciascuna delle sue figlie, trae origine da un famoso aneddoto narrato dall’erudito del Cinquecento Vincenzio Borghini nella Lettera intorno a’manoscritti antichi (ed. Belloni 1995, p. 21): «gli scrittori di que’ tempi furono per lamaggior parte persone che teneano bottega aperta, et vivevano di scrivere i libri a prezzo, et si conta d’uno che con cento Danti che gli scrisse maritò non so quante figliuole, et di questo se ne trova ancora qualchuno che si chiamano di que’ del cento». Il copista sarebbe stato successivamente identificato in Francesco di ser Nardo, alla cui iniziativa oggi viene piuttosto fatta risalire la creazione in Firenze di un’attivissima officina scrittoria nella quale altri amanuensi furono da lui istruiti a confezionare eleganti copie del poema dantesco, simili per impaginazione (disposizione su due colonne), decorazione e tipo di scrittura, detti appunto “Danti del Cento”. L’apparato decorativo comprende iniziali filigranate e un’iniziale ornata con motivi vegetali e campo in oro a c. 93r (ma probabilmente i fogli mancanti di inizio cantica contenevano miniature), forse ascrivibile, secondo Spagnesi, all’ambito del Maestro del Biadaiolo. Il codice appartenne alla biblioteca della famiglia Gaddi (cfr. c. IVr), parte della quale fu acquisita dalla Biblioteca Laurenziana nel 1755. Si espone la c. 80v dove compare la sottoscrizione di Francesco di ser Nardo. Torna Su |
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