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L'Europa riscopre i suoi antichi libri nascosti

Metodologie e tecniche

PALEOGRAFI ED EDITORI DI PALINSESTI
Breve storia delle ricerche tecniche per la decifrazione

Franz Anton Knittel (1721-1792) Angelo Mai (1782-1854) Georg Heinrich Pertz (1795-1876) Constantin Von Tischendorf (1815-1874)
La Biblioteca Reale di Francia, Jean Boivin, il codex Ephraemi Syri rescriptus (Paris, Bibliotèque Nationale, gr. 9) e l'anno 1692: sono i dati che delineano il contorno del primo tentativo sperimentale di lettura di pergamene rescritte, realtà libraria sino ad allora nota soltanto attraverso la narrazione virtuale delle fonti antiche (esemplari le eruditissime pagine dedicate all'argomento da Leone Allacci, nelle Animadversiones in antiquitatum Etruscarum fragmenta, di circa cinquant'anni anteriori alla sperimentazione di Boivin).
È assai probabile che l'iniziativa di Boivin abbia costituito l'antecedente più diretto perché una maggior attenzione venisse prestata ai palinsesti nelle grandi trattazioni sia della nascente paleografia sia della diplomatistica latina: dalle pagine della Palaeographia Graeca di Bernard de Montfaucon, apparsa a Parigi nel 1708, ai vari accenni sparsi nel Nouveau traité de Diplomatique curato dai monaci dell'abbazia di Saint-Germain-des-Prés, sempre a Parigi attorno alla metà del XVIII secolo.
Chi tuttavia per primo cercò di articolare una trattazione esaustiva sui manoscritti palinsesti (origine, storia, metodologia di ricerca) fu l'arcidiacono del duomo di Wolfenbüttel, Franz Anton Knittel, all'interno dell'estroso Commentarius che apre la sua edizione (1762) dei frammenti gotico-latini scoperti nel manoscritto Weissemburgensis 64. Ed è questo testo che può essere considerato la carta fondativa della Palimpsestforschung.
Scoperte e segnalazioni di palinsesti non furono infrequenti per tutta la seconda metà del XVIII secolo, sopratutto in Italia (da Verona a Roma). Rari invece i lavori di trascrizione ed edizione.
In tale panorama iniziò a stagliarsi, a partire dal primo decennio del XIX secolo, con ferrea volontà, Angelo Mai. Scoperte come quelle dei palinsesti dell'epistolario di Frontone (Ambrosiano E 147 sup + Vaticano lat. 5750) o del De re publica di Cicerone (Vaticano lat. 5757), unite a una febbrile attività editoriale, legarono l'immagine del Mai a quella di un nuovo rinascimento.
Theodor Mommsen (1817-1903) Wilhelm Wattenbach (1819-1897) Giuseppe II Cozza-Luzzi (1837-1905) Johan Ludvig Heiberg (1854-1928)
Entusiasmi e volontà di emulazione resero lo studio dei palinsesti uno dei campi di ricerca privilegiati della filologia del XIX secolo, nel quale si mossero figure di sicuro rilievo, da Barthold Georg Niebuhr a Theodor Mommsen, da Amedeo Peyron a Friedrich Ritschl, a Wilhelm Studemund, da Constantin von Tischendorf a Charles Graux, da Wilhelm Wattenbach a Elias Avery Lowe.
Nonostante l'evolversi e l'imporsi di una disciplina differente, eppure per certi versi confinante, quale la papirologia, quale teatro di possibili nuove scoperte, notevole rimase l'interesse per la catalogazione, lo studio e la conservazione dei palinsesti nella prima metà del XX secolo, con Alban Dold e il centro di studi da lui creato presso l'abbazia benedettina di Beuron quali figura e luogo di riferimento.
Decifrare i palinsesti ha da sempre significato andare al di là del visibile. L'iniziativa di Boivin nel 1692 non ebbe grandi esiti dal punto di vista tecnico, e tuttavia rappresentò il primo tentativo di applicazione scientifica a una precisa tipologia di manoscritti di prassi altrimenti sperimentate.
Per tutto il XVIII secolo la lettura delle scritture abrase avvenne sostanzialmente attraverso due tecniche: una assolutamente non invasiva, quale l'utilizzo di potenti lenti d'ingrandimento associate a un'esposizione delle pergamene a un'adeguata luce incidente proveniente dai raggi solari, e un'altra decisamente più invasiva, consistente nell'utilizzare un acido come reagente per far rivivere le scritture scomparse (si poteva andare dal liquido di decantazione di cipolle immerse nel vino all'infusione di noce di galla in alcole). Le due tecniche rispondevano sostanzialmente a istanze culturali differenti: una pergamena trattata con un reagente, sebbene più facilmente leggibile, poteva essere sospettata di falsificazione.
Il reagente a base di noce di galla fu sicuramente lo strumento più diffuso non solo nella seconda metà del XVIII secolo, ma ancora per buona parte del XIX, come dimostra il caso di Angelo Mai.
Athanasios Papadopoulos Kerameus (1856-1912) Enrico Rostagno (1860-1942) Paul Lechmann (1884-1964) Bernard Bischoff (1906-1991)
Il Mai, infatti, aveva costruito il proprio bagaglio di conoscenze tecniche sul cadere del XVIII secolo, mentre svolse la sua febbrile attività di scopritore ed editore nel XIX secolo: il secolo della chimica.
I nuovi apporti di questa scienza non potevano non riguardare anche la creazione di nuovi strumenti per migliorare la lettura delle pergamene rescritte. Da reagenti creati con sostanze naturali, si passò quindi a reagenti molto più efficaci ottenuti attraverso processi di sintesi chimica.
Ferro cianuro potassico e Tiocianato di ammonio furono, ad esempio, alcune delle sostanze a base dei nuovi ed efficaci reagenti, nei confronti dei quali venne nutrita una fiducia spesso assoluta. Tuttavia i buoni risultati nella rivivificazione delle scritture ottenuti con l'impiego delle nuove sostanze ebbero degli effetti deleteri sul supporto pergamenaceo: soprattutto se i reagenti chimici venivano impiegati in maniera maldestra. Pergamene abbrunite dalla noce di galla o macchiate dall'azzurro del precipitato di ferro cianuro potassico sono la frequente eredità di quella fiducia nel mezzo chimico (sebbene abili utilizzatori, come Amedeo Peyron, ottennero ottimi risultati con pochi danni).
Nel 1898 una conferenza sulla conservazione del libro, tenutasi a San Gallo, decretò la condanna ufficiale dei reagenti chimici. E d'altra parte si stava facendo strada una nuova tecnica: la fotografia, che ben presto si incrociò con le sperimentazioni di Raphael Kögel e Robert Wood sulla fluorescenza. Se Angelo Mai aveva trattato con i reagenti i manoscritti palinsesti da lui scoperti, Franz Ehrle - una delle anime del congresso di San Gallo- promosse la riproduzione fotografica di alcuni di essi. Risultati di altissimo livello vennero raggiunti un po' ovunque, come, ad esempio, a Firenze, sotto le cure del sensibile e acutissimo Enrico Rostagno, sebbene la sperimentazione tecnica più avanzata fu quella condotta nell'ambito del Palimpsestinstitut di Alban Dold (con qualche merito anche, tuttavia, per l'Italia e per Contardo Ferrini).
Il passo successivo sarebbe stato quello dell'elaborazione digitale delle immagini.
H.J. Scheltema (1906-1981) Alban Dold O.S.B. (1882-1960) Charles Graux (1852-1882) Spyridon P.Lambros (1851-1915) Wilhelm Studemund (1843-1889)