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Grottaferrata, Biblioteca del monumento nazionale, Crypt. gr. 54 (Rocchi Z.a.XXIV), c. 63r
Il foglio che qui si espone appartiene al Crypt. ?gr. 54 (Rocchi Z.a.XXIV), noto proprio per il testo contenuto nella scrittura sottostante, reimpiegato nella seconda metà del secolo XII per trascrivervi l'Iliade.

L'opera frammentaria, quale si conserva nello strato più antico (cc. 62-69), è la Cronographia del siriano Giovanni Malala (ca. 490-578). Essa riveste una posizione di rilievo nella storia della letteratura bizantina poiché si pone a capo di un nuovo genere letterario, la cronaca universale cristiana, il cui influsso nel Medioevo fu immenso. Nella Cronographia si narra la storia del mondo dalla Creazione fino all'età dell'imperatore Giustiniano I (a. 527-565) abbandonando i modi aulici impiegati comunemente dagli storiografi a favore di uno stile piano e di un uso disinvolto della lingua parlata. Ciò valse all'opera una vasta diffusione e numerose traduzioni nelle lingue slave e in georgiano.
La presenza dei 4 bifogli palinsesti è stata segnalata per la prima volta nel 1842 dal dotto Angelo Mai, il quale ne pubblicò la trascrizione in appendice al II volume dello Spicilegium Romanum. Tali frammenti furono studiati successivamente sotto il profilo filologico e codicologico-testuale da Edwin Patzig nel 1891, la cui pazienza e sagacia determinarono la corretta valutazione delle lacune e il numero esatto dei fogli caduti, oltre a fornire una plausibile ricostruzione complessiva del testo. È quindi con i due studiosi che inizia la storia degli studi sul codice, scandita, a partire da quel momento, da numerosi e autorevoli interventi, ma a tutt'oggi non ancora conclusa, data la complessità di articolazione della problematica inerente allo stesso cimelio. Rispetto alla redazione vulgata, il testo contenuto nel nostro manoscritto riporta una versione abbreviata della lezione originale.

I fogli palinsesti, nella loro veste attuale, appaiono profondamente deturpati dai reagenti chimici - a base di noce di galla - adoperati nel secolo scorso dallo stesso Angelo Mai nell'intento di decifrare le scritture inferiori. Essi hanno lasciato sulla pergamena uno strato coprente bluastro, che ha compromesso irreparabilmente in più punti la facoltà di leggere ad occhio nudo quanto scritto sia nel testo inferior che in quello superior. La struttura fisica del codice originario è ormai definitivamente perduta poiché il codice è stato fortemente rifilato, tuttavia, grazie alle riproduzioni ottenute con il metodo della digitalizzazione, è nuovamente possibile leggere il testo e osservare la scrittura quasi nella sua forma originaria.
Vergato a piena pagina, il manoscritto risulta esemplato in una maiuscola ("maiuscola alessandrina") fluida ed elegante, eseguita verosimilmente da un copista - forse un funzionario di cancelleria - aduso a scrivere anche in minuscola, intorno alla metà del secolo VII in ambito greco-egizio.
Alessia A. Aletta - Santo Lucà