Logo del progetto Rinascimento Virtuale
L'Europa riscopre i suoi antichi libri nascosti

Esempi di risultati

Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 87.21, cc. 4v-5r

Immagine elaborata per strato inferiore L'autore cristiano Teodoreto (393-457 ca.), vescovo di Ciro, in Siria, fu teologo di primo piano, impegnato nella controversia cristologica contro i monofisiti, attraverso la pubblicazione delle sue opere più famose, in cui ribadì la dualità della natura di Cristo; queste posizioni gli provocarono la condanna del Concilio di Efeso (449) e l'accusa di Nestorianesimo. Tra gli scritti meno noti del vescovo siriano ci è pervenuta la Historia Religiosa o Historia Philothea, nella quale Teodoreto illustra la vita, le opere e la santità di vari asceti del deserto. Nello strato più antico del Plut. 87.21, codice ter scriptus o bis rescriptus appartenente al fondo storico della Biblioteca, sono stati rinvenuti passi dai libri I-VI di quest'opera; nell'immagine si legge il passo II.6, dedicato alla figura dell'asceta Giuliano. L'antichissimo codice fu vergato da un abile calligrafo in una tra le più importanti scritture maiuscole greche, definita dagli studiosi ogivale inclinata. Alcune caratteristiche paleografiche consentono di ipotizzare per questa copia dell'opera una datazione al secolo IX (che la rende - nonostante la sua incompletezza e frammentarietà - la copia più antica fra quelle pervenuteci) e un'origine italo-greca, confermata dall'uso di evidenziare con strisce di colore ocra l'incipit dei libri. Che un'opera di contesto orientale abbia conosciuto un'antica diffusione in Italia meridionale non stupisce, poiché, con gli uomini, i libri viaggiavano ed i flussi migratori da est ad ovest del Mediterraneo bizantino ne costituiscono la giustificazione storica.

Immagine elaborata per strato intermedio Dopo circa duecento anni, durante il secolo XI, in uno dei numerosi centri di copia dell'Italia meridionale, la scrittura maiuscola del codice, ormai difficilmente comprensibile, fu erasa e nascosta da una scrittura minuscola, ad essa parallela, vergata da due scribi che si alternarono nella copia dell'Iliade di Omero. Come mostra l'immagine, all'antico passo di Teodoreto furono sovrapposti i versi 128-154 del secondo libro del famoso poema epico. Questo secondo strato del Laur. Plut. 87.21 fu probabilmente una delle prime copie omeriche a circolare nel Salento, dove il codice, successivamente, fu ancora una volta riutilizzato.

Immagine a luce naturale Durante il secolo XIII, il lembo d'Italia meridionale geograficamente ed intellettualmente proteso a oriente chiamato Terra d'Otranto (l'odierno Salento) visse un'intensa stagione culturale, promossa dal mecenatismo di Federico II e da intellettuali a lui strettamente legati, come Nicola Nettario (1155/1160-1235), abate del monastero di San Nicola di Casole, nei pressi di Otranto. Forse proprio tra le mura di quest'abbazia, mentre nuove copie salentine dell'Iliade venivano confezionate, uno scriba - tra il rinnovo culturale in atto da un lato e la penuria di mezzi dall'altro - cancellò il testo iliadico, vergando perpendicolarmente alla scrittura delle opere di Teodoreto e di Omero alcuni scritti di Aristotele e un'opera polemica dello stesso Nettario contro i latini, i Tria syntagmata. Tra gli ultimi anni del secolo XIII e i primi del successivo le opere di Aristotele furono in Terra d'Otranto oggetto di studio ed insegnamento intensi, in particolare quelle di logica; il terzo ed ultimo strato del palinsesto laurenziano contiene invece quel gruppo di scritti del filosofo intitolati Parva Naturalia; nell'immagine si legge il passo 438a.23-438b.22 del trattato De sensu et sensibilibus.

Il manoscritto laurenziano ha conosciuto dunque una triplice esistenza, differenziata dal contesto storico-culturale, da aspetti tecnico-librari e dagli scopi intellettuali di un testo sempre diverso. L'accanito riciclaggio della preziosa pergamena testimonia in questo palinsesto come la conversione di vecchi in nuovi libri rifletta le trasformazioni della cultura.

Daniele Arnesano