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L'Europa riscopre i suoi antichi libri nascosti

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Milano, Biblioteca Ambrosiana, codice L 120 sup., c. 139r

Il monastero di Santa Caterina sul Sinai, e in genere la Palestina, hanno prodotto numerosi manoscritti greci e in altre lingue antiche. Dal monte Sinai viene anche questo codice palinsesto che nella scrittura araba superiore del X/XI secolo tramanda un testo cristiano, che ebbe un'amplissima diffusione nel mondo greco e latino e che fu pure tradotto e divulgato in tutte le lingue antiche: si tratta di una collezione di Apophthegmata Patrum, cioè di detti e fatti dei padri del deserto, composta di ben 524 "pezzi" in questa recensione araba.
Immagine a luce naturale Integralmente palinsesto, il codice è stato composto utilizzando fogli provenienti da manoscritti vergati in differenti grafie: araba, ebraica, siriaca, greca, greco-araba e greco-latina. I fogli in grafia ebraica, tutti di contenuto biblico, provengono da almeno tre manoscritti della Bibbia. Non sono ancora state studiate le unità arabe e siriache.
Entrato in Ambrosiana nel 1910 per le cure del prefetto Achille Ratti, il futuro papa Pio XI, il manoscritto fu ben presto noto per l'unità inferiore latino-greca, risalente al V/VI secolo, nella quale ci sono conservati quattro frammenti dal I libro dell'Eneide, sia in latino sia in traduzione greca: sono una testimonianza dell'ampia conoscenza e stima di cui godette nell'antichità il sommo poeta Virgilio, anche se non possiamo precisare se l'antico codice latino-greco fosse di provenienza egiziana o siriaca o forse piuttosto palestinese.
Immagine elaborata Le altre unità greche sono state identificate ultimamente: si tratta anzitutto di un frammento dal vangelo secondo Giovanni, derivato da un lezionario dei vangeli del IX secolo, e soprattutto di quattro frammenti dalle Odi bibliche di Abacuc e di Daniele, in greco e in arabo, da un codice scritto nel terzo quarto del IX secolo. Le Odi bibliche sono una serie di cantici, tratti dai libri della Bibbia e utilizzati in particolare nella preghiera liturgica del mattino, inseriti per comodità nella Bibbia al termine del libro dei Salmi. Questa "edizione bilingue" greco-araba ci richiama ancora una volta all'ambiente palestinese, in particolare agli scriptoria del Sinai e di San Saba, dove nei secoli VIII e IX furono approntate molte traduzioni di testi cristiani (biblici e patristici) dal greco all'arabo, per l'uso delle comunità cristiane che ormai si esprimevano in lingua araba. Il foglio qui riprodotto, fra i meglio leggibili grazie all'elaborazione delle riprese digitali multispettrali, contiene alcuni versetti del Cantico di Abacuc.
Emerge evidente il significato simbolico di questo codice palinsesto che, quasi in un auspicio di armoniosa intesa, unisce grafie e lingue di varie culture e nazioni, che ancora oggi accomunano i popoli dell'Europa e dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Cesare Pasini