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L'Europa riscopre i suoi antichi libri nascosti

Esempi di risultati

Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. C.V.25 c. 53

Il testo più recente, datato 1428, consiste nella Grammatica di Manuele Moscopulo ed è attribuibile alla mano del copista Georgios Baiophoros.
Immagine elaborata per strato inferiore La scrittura inferiore, in maiuscola databile al IX secolo, riporta alcuni passi dell'Ecclesiaste.
Attualmente il codice è composto da 30 dei 121 fogli, che lo costituivano originariamente, illeggibili dall'occhio umano e con sistemi tradizionali.
Immagine elaborata per strato superiore Il manoscritto sembra appartenere a un nucleo di codici greci copiati in uno scriptorium cretese, creatosi dopo che scrivani in fuga da Bisanzio ripararono nell'isola all'epoca sotto il dominio dei Veneziani. Lo scriptorium dovette rappresentare per molti di loro l'unico mezzo di sostentamento. I mercanti veneziani si occupavano poi di rivendere i manoscritti, in particolare in Italia, dove erano molto ricercati.
Dopo l'incendio che colpì la Biblioteca Nazionale Universitaria nella notte tra il 25 e il 26 gennaio del 1904, distruggendo gran parte della sua raccolta manoscritta, del codice in questione erano rimasti cinque blocchi agglutinati, in pessime condizioni di conservazione.
Nel 1749 Giuseppe Pasini nel compilare il catalogo dei manoscritti della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino nel tomo dedicato ai codici in alfabeto greco al numero CCCX così lo descriveva "Ceterum scriba membranis usus videtur ablutis et patet non oscure ex vestigiis quae adhuc apparent vetustioris characteris", senza dare alcuna notizia sul testo della scrittura inferiore.
Immagine a luce naturale In epoca anteriore all'incendio il codice era poi stato trattato con reagenti chimici allo scopo di permettere la lettura della scriptio inferior.
I blocchetti, affidati per il restauro al Laboratorio interno della Biblioteca, inaugurato nel 1905 e primo in Italia, si presentavano come un piccolo ammasso di pergamena, in parte carbonizzata, con i fogli fusi insieme così da formare un tutto compatto.
L'alta temperatura del fuoco, insieme a quella bassa dell'acqua di spegnimento, avevano provocato una rapida e violenta contrazione delle pergamene che aveva drasticamente ridotto le dimensioni dei fogli e in parte trasformato la pergamena in gelatina.
L'uso di sostanze, quali il formolo e il tannino, allo scopo di arrestare i processi putrefattivi sviluppatisi all'interno dei fogli a causa del permanere in loro di acqua, aveva purtroppo reso la pergamena, già priva del tutto di ogni sostanza grassa per l'alta temperatura alla quale il codice era stato esposto, dura, vitrea ed estremamente fragile.
I blocchetti, inoltre, mostravano una colorazione grigio-turchino, a causa dell'ossidazione dei reagenti acidi, quali il solfidrato d'ammonio e l'acido tannico, applicati senza risparmio sul recto e sul verso dei fogli, nel primo tentativo di lettura della scriptio inferior. Del tutto scomparsi risultavano i segni di caratteri. Il manoscritto mostrava evidenti striature interlineari fortemente colorate dai precipitati di tali reagenti, che avevano intaccato la pergamena formando una superficie satura di soluzioni, che non fu possibile neutralizzare completamente senza correre il rischio di distruggere i fogli stessi.
Nel Laboratorio di restauro della Biblioteca i blocchetti vennero aperti e i fogli distesi da Erminia Caudana; nella stessa occasione le pergamene intaccate dai microrganismi vennero restaurate e consolidate.
Paolo Eleuteri - Maria Letizia Sebastiani