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L’illustrazione del Vecchio Testamento e la rovina dei manoscritti
(dal saggio di Massimo Bernabò)

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I Profeti Minori, Laur. Plut. 5.9, l’Ottateuco, Laur. Plut. 5.38 e il Laur. Plut. 6.36, che contiene il Salterio, insieme a Vangeli, Epistole ed estratti dell’Apocalisse, sono gli unici manoscritti del Vecchio Testamento con miniature che fanno parte della Biblioteca Medicea Laurenziana. Un numero così basso di manoscritti miniati del Vecchio Testamento non ha niente di eccezionale per una raccolta libraria bizantina, dove la parte del leone spetta normalmente ai volumi del Nuovo Testamento, come può risultare dal confronto con il materiale conservato in altre biblioteche (Marciana di Venezia, monastero di S. Caterina del Sinai e monastero di Vatopedi sul monte Athos).
In una classifica della produzione di manoscritti con miniature del Vecchio Testamento a Bisanzio, il Salterio risulta il libro più popolare a partire dal IX secolo, con una cinquantina di esemplari con miniature sopravvissuti della recensione cosiddetta ‘aristocratica’, e otto esemplari della recensione cosiddetta ‘monastica’ (oggi più correttamente denominata ‘a illustrazioni marginali’). Al Salterio segue Giobbe come popolarità, con quindici esemplari noti.
L’unica edizione con miniature dell’intera Bibbia è la cosiddetta Bibbia di Leone sacellario (o Bibbia di Leone patrizio oppure Bibbia della regina Cristina di Svezia) nella Biblioteca Apostolica Vaticana (cod. Reginense gr. 1), della quale ci è giunto solo il primo volume con i libri da Genesi al Salterio, dove una pagina miniata contente vari episodi è messa come prologo figurato a uno o più libri biblici. Un secondo volume, che doveva avere la rimanente parte del Vecchio Testamento ed il Nuovo Testamento, è perduto.
Il codice di pergamena fu la forma precipua del libro cristiano e anche a questo favore incontrato nella Chiesa si deve il suo trionfo sul rotolo. I primi codici cristiani furono probabilmente copie di Vangeli, Atti ed Epistole (l’accettazione dell’Apocalisse tra i libri ispirati fu problematica). Il momento di affermazione ufficiale nel mondo romano dei codici cristiani fu la celebre ordinazione per le chiese di Costantinopoli di cinquanta copie delle Scritture – da intendere probabilmente come i Vangeli o il Nuovo Testamento, non l’intera Bibbia – fatta dall’imperatore Costantino I nel 332.
La produzione di manoscritti è un’arte conservativa. Nel caso della produzione di testi religiosi, sappiano che nel IV secolo si giurava di collazionare e correggere la copia trascritta con il modello con il più grande zelo. Nel caso siano miniature, nel nuovo codice l’intento del miniatore non è inventare nuove immagini, ma trasmetterle, cioè riprodurre con esattezza le immagini che vede nel modello, così come lo scriba si impegna a copiare esattezza un testo nella nuova edizione a lui affidata. Il codice dei Profeti maggiori della Laurenziana (‘Bibbia di Niceta’) è uno di quattro volumi superstiti di una edizione biblica ora dispersi tra Torino, Copenhagen e Oxford. Questa edizione biblica, che può essere datata intorno all’anno 1000 o poco prima, non fu un’invenzione del tempo, ma la riproduzione di un modello antico; un’iscrizione sul volume dei Profeti Minori a Torino ci informa che la ‘Bibbia di Niceta’ è copiata da un manoscritto del 535.

L’età di Costantino, Teodosio e Giustiniano fu il periodo in cui si formarono le strutture amministrative e sociali dell’Impero bizantino e la sua cultura, integrazione tra cristianesimo ed eredità greco-romana; quasi ogni idea e istituzione bizantina posteriore ha le sue origini in quel primo periodo del millennio bizantino; fu anche l’età in cui si formò la sua letteratura e arte cristiana, durante la quale si stabilirono lo stile e l’iconografia biblica che servirono di modello per i manoscritti dei secoli posteriori, come gli Ottateuchi e gli altri cicli illustrativi del Vecchio Testamento.
L’Ottateuco è la raccolta dei primi otto libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Rut), la più diffusa raccolta di libri del Vecchio Testamento tra i Cristiani d’Oriente, affermatasi fin dall’età tardoantica, che prese il posto del Pentateuco, la raccolta dei primi cinque libri mosaici che gli Ebrei chiamano Torah, cioè Legge, che è il libro per eccellenza dell’Ebraismo.
Vari indizi fanno pensare che la prima edizione con miniature narrative dell’Ottateuco fu preparata in età giustinianea, nello stesso periodo al quale risale anche il modello della ‘Bibbia di Niceta’; per questa edizione miniata originaria si misero insieme cicli di illustrazioni di provenienza eterogenea. Alcuni di questi cicli nacquero come illustrazioni non per il testo dei Settanta, ma per racconti pseudepigrafi, che sono parafrasi e ampliamenti narrativi del testo biblico, le quali furono molto popolari nel periodo del primo Giudaismo e per tutto il Medioevo europeo e bizantino; questi racconti sono invece una delle fonti più frequenti delle raffigurazioni bibliche medievali. Un’altra fonte iconografica, che ebbe parte nella formazione dei cicli figurativi dell’Ottateuco e in generale della prima Cristianità, furono opere d’arte ebraiche.

Prendere per verosimile un quadro della produzione di manoscritti biblici miniati, che fosse basato su quanto è sopravvissuto alle perdite ed è ora conservato nelle moderne biblioteche, sarebbe travisare la storia. Quello che abbiamo è solo un frammento di quel che fu prodotto nei secoli dell’Impero Romano e nel Medioevo bizantino e latino. La documentazione che abbiamo racconta di una generale rovina dei manoscritti nei secoli. Delle cinquanta copie delle Scritture ordinate da Costantino I per le chiese della sua capitale, menzionate prima, nessuna è sopravvissuta. L’Itala di Quedlinburg (Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, cod. theol. lat. 485, e Quedlinburg, Stiftskirche, Tesoro), degli inizi del secolo V e il più antico manoscritto biblico che abbiamo con miniature, comprendeva originariamente i Libri di Samuele e dei Re e aveva probabilmente centinaia di illustrazioni; oggi abbiamo in tutto sei fogli giuntici come materiale riutilizzato per un manoscritto più tardo.