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La trasmissione della cultura scientifica greca a Bisanzio: codici di medicina e astronomia della Biblioteca Medicea Laurenziana
(dal saggio di Francesca Marchetti)

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La cultura scientifica bizantina affonda le sue radici nel patrimonio di testi e conoscenze trasmesso dai grandi centri del sapere dell’antichità, in particolare Alessandria d’Egitto, Atene e le scuole della Siria; i meccanismi che ne determinano la trasmissione a Costantinopoli sono strettamente legati alle caratteristiche della società bizantina, a partire dal sistema scolastico: un’istruzione a tutto tondo si acquisiva attraverso un programma di studio che contemplava accanto alle materie letterarie quelle scientifiche.
L’approfondimento delle discipline scientifiche non era però favorito dalla presenza di accademie o fondazioni specificatamente dedicate alle scienze esatte. Tuttavia ci sono molte testimonianze dell’interesse nutrito da alcuni imperatori per le scienze e per le loro applicazioni pratiche. Proprio all’iniziativa di un imperatore, Eraclio, la tradizione attribuisce la chiamata a Costantinopoli intorno al 610-620 di un astronomo e matematico della scuola alessandrina, Stefano d’Alessandria, a cui forse l’imperatore affidò la riorganizzazione degli studi scientifici. A Stefano si deve il primo trattato di astronomia composto a Bisanzio, un Commentario alle Tavole Pratiche di Tolomeo. A testimonianza della straordinaria diffusione che le Tavole pratiche hanno conosciuto sin dai primi secoli dell’impero rimangono quattro manoscritti, tutti vergati in maiuscola, composti tra l’VIII e l’inizio del X secolo: tra questi c’è il Laur. Plut. 28.26.

Nel corso del IX secolo, sotto i regni di Teofilo (829-842) e di Michele III (842-867), gli studi superiori vengono riorganizzati con la creazione di quattro cattedre: accanto a quelle dedicate a filosofia e grammatica, vengono istituite due cattedre dedicate alle geometria e alla astronomia. Nello stesso periodo vengono prodotti codici che trasmettono alcune delle più importanti opere scientifiche a noi giunte dall’antichità: tra questi, il Laur. Plut. 28.18 con i Commentari all’Almagesto di Pappo e Teone. Questi due commentari, elaborati nel IV secolo e utilizzati nelle accademie antiche per insegnare a studenti di livello elementare l’Almagesto di Tolomeo, furono probabilmente copiati dai bizantini con la medesima finalità. Lo sviluppo degli studi nell’ambito medico segue un percorso particolare: nei primi secoli dell’impero l’insegnamento della medicina era affidato a maestri che continuarono a formare i loro allievi sui testi di Ippocrate e Galeno, anche in questo caso ereditando il patrimonio di conoscenze della scuola alessandrina. Inoltre, la presenza degli ospedali contribuisce alla formazione dei futuri medici, alla trasmissione e produzione di testi medici e alla formazione di vere e proprie biblioteche specializzate. La medicina attirava anche l’interesse degli eruditi.
Inoltre, non sono poche le testimonianze del fascino che la medicina esercitava sugli imperatori stessi o i membri della corte: tra queste, vanno annoverati alcuni preziosi codici riccamente illustrati destinati a personaggi di alto rango che si interessavano a questa disciplina per puro interesse intellettuale. Il più noto è un manoscritto donato intorno al 512 alla patrizia costantinopolitana Giuliana Anicia dal popolo del quartiere costantinopolitano di Onorato come ringraziamento per la fondazione di una chiesa (Vienna, ÖNB, cod. med. gr. 1, detto Dioscoride di Vienna). Il codice contiene una raccolta di testi di farmacologia e di soggetto naturalistico, illustrata con figure di piante ed animali realizzate con grande perizia da una équipe di miniatori.

La ricchezza della letteratura medica tramandata e prodotta dai bizantini si riflette nella molteplicità di forme e contenuti che i manoscritti bizantini di medicina presentano, dai manoscritti d’apparato, ai codici dall’allestimento più o meno curato concepiti come libri di studio, ai libri d’uso legati alla pratica della professione medica. Per esempio, la Collezione chirurgica di Niceta trasmessa dal Laur. Plut. 74.7 allestita nel primo terzo del X secolo è per noi particolarmente preziosa. Da un lato il codice ha tutte le caratteristiche del libro d’apparato, scritto con estrema cura e illustrato con miniature eseguite da una équipe di illustratori. Dall’altro, a differenza della raccolta di testi naturalistici ma dilettevoli donata alla patrizia Giuliana Anicia, raggruppa testi altamente specializzati dedicati alla cura delle ossa, ordinati in una sequenza ben precisa. La raccolta prende avvio dai testi ippocratici su fratture e lussazioni, seguiti da estratti dalle opere di Galeno, Oribasio e Paolo Egineta dedicati allo stesso argomento, a testi di carattere pratico e didattico (sulle fasciature, sui nomi delle parti del corpo) e da commentari ai testi ippocratici.
A partire dalla fine del XIII secolo la tendenza alla frammentazione e all’assemblaggio dei contenuti si accentua; in particolare, molti codici prodotti tra la metà del XIV e il XV secolo hanno spesso un contenuto multidisciplinare: accanto a estratti di testi ippocratici e galenici e a brani tratti delle sillogi bizantine, a opuscoli, epistole e raccolte di ricette, trovano posto anche testi di divinazione o magici, che testimoniano il ricorso, anche da parte di medici professionisti, a pratiche forse poco ortodosse ma ampiamente diffuse nella società bizantina.