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I trattati tecnici e l’enciclopedia di Costantino VII Porfirogenito: arte militare e agronomia
(dal saggio di Gastone Breccia)

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Due manoscritti della Biblioteca Medicea Laurenziana rivestono un’importanza particolare per la storia della cultura bizantina: sia il Laur. Plut. 55.4, contenente un’ampia collezione di trattati di arte militare, sia il Laur. Plut. 59.32, che ci tramanda il testo più completo dell’enciclopedia agronomica nota come Geoponica, sono infatti i testimoni più antichi di due sezioni della grande enciclopedia progettata e parzialmente realizzata per volontà di Costantino VII Porfirogenito (945-959). La destinazione pratica di questi testi si rifletteva nel loro carattere letterario dimesso, evidente sia nella semplicità della sintassi che nel lessico, fitto di vocaboli tecnici, sconosciuti alla lingua colta. Ma oltre al problema della forma, c’era – ovviamente – quello del loro contenuto: era necessario individuare quale tipo di informazioni andavano raccolte e trasmesse alle generazioni future parlando, ad esempio, di amministrazione dell’impero, di tattiche militari, o di tecniche agricole; e ancora, quanto spazio lasciare alle conoscenze empiriche, e quanto alla tradizione già codificata attraverso i secoli.
Il codice Laur. Plut. 55.4 è uno dei testimoni più autorevoli per la trattatistica militare bizantina: contiene lo Strategikon attribuito all’imperatore Maurizio (582-602), concepito come un vero e proprio manuale introduttivo all’organizzazione dei reparti e alla conduzione delle operazioni militari, e fu il testo attorno a cui si sviluppò l’intera tradizione successiva. L’importanza e la ricchezza del trattato sono indiscutibili; benché lo Strategikon fosse stato composto per affrontare e risolvere le situazioni di crisi della fine del VI secolo, grazie alle sue qualità di originalità e chiarezza rimase il testo di riferimento per chiunque, a Bisanzio, volesse occuparsi di arte della guerra. Ancora all’inizio del X secolo, quando l’imperatore Leone VI (886-912) decise di pubblicare una nuova, ampia compilazione di precetti militari, non fece altro che riprendere spesso letteralmente il trattato di Maurizio, rispettandone tutti i principi fondamentali e limitandosi a ridistribuire la materia in venti ampie Tacticae constitutiones, aggiornandola con alcune osservazioni originali sui nuovi nemici dell’impero.

Con l’XI secolo mutate condizioni storiche convinsero il governo di Costantinopoli ad affidarsi sempre più a mercenari stranieri per la difesa dell’impero; inevitabilmente una simile delega dei compiti militari a elementi esterni ebbe un riflesso negativo sulla produzione di testi relativi all’arte della guerra, spegnendo nel giro di pochi anni ogni ulteriore, autonomo interesse alla materia da parte degli intellettuali e degli ufficiali bizantini.
I manuali antichi di agricoltura hanno un evidente punto di contatto con quelli di arte militare: anche i loro autori – da Catone a Varrone, da Celso a Columella – dichiarano di voler fornire ai destinatari insegnamenti di utilità pratica.
Se dalla trattatistica romana passiamo a quella bizantina, la questione del rapporto con le conoscenze accumulate nei secoli passati diventa più complessa. Alla metà del IX secolo, infatti, Fozio poteva leggere un’ampia antologia di precetti relativi alla vita nei campi compilata nel IV secolo da Vindanio Anatolio di Beirut, il quale aveva a sua volta riassunto le opere di nove autori più antichi, di cui il futuro patriarca elenca i nomi nella sua Bibliotheca (cod. 163). Il trattato di Vindanio era stato poi ampliato – o forse solo integrato – da un erudito di cui ci è conservato solo il nome, Cassiano Basso, che probabilmente nel VI secolo utilizzò gli scritti di altri otto agronomi, tra cui Marco Terenzio Varrone (116-26 a.C.); queste due antologie vennero riorganizzate nei venti libri dei Geoponica da un anonimo enciclopedista del X secolo, che, nel solo codice Laur. Plut. 59.32, dedica esplicitamente la sua fatica all’imperatore Costantino VII.

L’opera ebbe una diffusione piuttosto ampia, almeno a giudicare dal numero dei manoscritti superstiti. Questa popolarità può essere giustificata in due modi: l’agricoltura mediterranea era rimasta immobile dall’età tardoantica fino alla metà del X secolo e oltre, oppure ci troviamo di fronte a un grande sfoggio di erudizione, senza nessuna reale aspettativa sulle sue possibili applicazioni pratiche. La fortuna del testo costringe ad ammettere una delle due possibilità, ma non è facile individuare quale. Il più innovativo tra chi seppe trarre frutto dagli insegnamenti dei Geoponica sembra essere stato l’imperatore Costantino IX Monomaco (1042-1055), di cui Michele Psello racconta la sua abilità nel trapiantare alberi e arbusti, o trasformare un terreno incolto in un giardino. La tentazione di immaginare l’imperatore mentre consulta l’attuale Laur. Plut. 59.32 è forte: almeno nell’ambito della corte, l’enciclopedia voluta dal suo omonimo predecessore continuava a dare i suoi frutti.