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Voci dell'Oriente

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Le “voci” evocate in questa mostra sono quelle degli autori appartenenti alla letteratura greca antica, vissuti trai secoli VIII a.C. e V d.C., come Omero, Platone, Aristotele, Erodoto, Demostene, fino a Proclo. Accanto ai cosiddetti “classici” figurano anche gli scrittori cristiani e i padri della Chiesa, nonché la Bibbia e in particolare i libri del Nuovo Testamento, le cui testimonianze più antiche sono in greco. Tutte queste opere furono tramandate nel corso dei secoli attraverso copie realizzate nei territori dove il greco era la lingua comunemente usata, cioè la parte orientale dell’Impero Romano. Di questi territori faceva parte Bisanzio, che dal IV secolo era stata rifondata e, con il nome Costantinopoli, si era andata affermando come centro politico e culturale dell’Oriente. Le “voci” provengono proprio da questo “Oriente”, perché in questa città e nei territori del suo Impero dal VI al XV secolo furono realizzati i volumi contenenti le opere della letteratura antica che, in parte, noi oggi possediamo.

Dopo il V secolo la civiltà bizantina ebbe un ruolo fondamentale nella conservazione delle opere antiche, attraverso la continua realizzazione di nuove copie dei testi antichi: per esempio nel IX secolo avvenne il passaggio dalla scrittura maiuscola alla scrittura minuscola, una sorta di “innovazione tecnologica” che determinò un cambiamento di tutti i supporti che contenevano il sapere degli antichi: nel giro di circa cento anni tutti i libri scritti in maiuscola furono copiati usando la “moderna” scrittura minuscola e sostituiti da nuovi libri.
I codici spesso presentano, accanto alle parti scritte, delle pregevoli miniature che vanno ad arricchire il valore stesso del manoscritto. Nella mostra è stato scelto di esporre testi biblici con pregevoli esempi di illustrazioni, ma apparati iconografici sono presenti anche in alcuni manoscritti di contenuto “profano”.

Dal IX al XIV secolo le opere della letteratura greca antica furono trascritte, lette, studiate e commentate, garantendone così la sopravvivenza per i posteri; fu un’impresa impegnativa e complessa, che pose le basi per un altro fondamentale passaggio perché le “voci dell’Oriente” potessero continuare a essere udite, dopo il declino culturale e la conquista definitiva di Bisanzio da parte dei Turchi nel 1453. A partire dal XV secolo, quando la rinascita dell’interesse per il greco antico si diffuse a Firenze, fra Bisanzio e Firenze stessa si intrecciano storie che hanno come protagonisti i libri, prodotti nella città orientale e trasferiti nella città toscana, e gli uomini che se ne occuparono: copisti, annotatori, lettori, possessori, maestri, traduttori, principi, signori, collezionisti, prelati, cardinali, pontefici, stampatori, viaggiatori e avventurieri. Tutti questi personaggi fecero sì che una civiltà che viveva il suo tramonto affidasse gran parte della sua eredità ad un’altra che, invece, viveva il suo pieno rigoglio e che per motivi culturali, religiosi e politici, andava cercando l’antico.

Al centro di queste trame si trovarono spesso membri della famiglia Medici, che giocò un ruolo importante nel far arrivare i libri dall’Oriente. Nel XVI secolo i Medici raccolsero all’interno di un unico edificio l’inestimabile patrimonio della letteratura greca e lo resero disponibile alla comunità: da allora la Biblioteca Medicea Laurenziana ha custodito e ancora oggi custodisce le fonti dirette della cultura greca antica.
La maggior parte dei codici esposti in mostra risalgono al periodo compreso tra il IX e il XIV secolo, quando essi furono realizzati in diversi luoghi dei territori bizantini; nella storia di Bisanzio si possono individuare le tappe e i momenti che segnarono le vicende dei manoscritti esposti in mostra.

Dal IX secolo riprende in generale la vita culturale, letteraria e artistica, che era venuta meno nei secoli precedenti a causa di lunghi e devastanti conflitti. Questo periodo prende nome di Rinascenza Macedone perché è caratterizzato dallo sforzo di recuperare e far rivivere il patrimonio culturale antico perduto da parte della dinastia imperiale al potere. Agli umanisti del IX-X secolo, come Fozio e Areta e alla produzione letteraria della quale fu promotore l’imperatore Costantino VII Porfirogenito, dobbiamo il salvataggio e la trascrizione della gran parte dei testi letterari e scientifici della cultura greca. In questo periodo le popolazioni slave entrano nell’orbita religiosa e culturale di Bisanzio: nel 988, per volontà del principe Vladimir I il cristianesimo diventa religione ufficiale della Rus’ di Kiev e si propagherà in seguito a Novgorod, Pskov, Mosca e le altre città russe.
Nella seconda metà del secolo XI ampie zone dell’Asia Minore sono conquistate dai Turchi e non torneranno mai più a far parte dell’Impero. Nel 1204 la IV crociata conquista Costantinopoli, con la conseguente razzia dei tesori della città, che sono portati come bottino in Occidente, specialmente a Venezia, in quello che forse fu il più colossale saccheggio della storia. Nel 1261, con il ritorno di Costantinopoli sotto la dinastia bizantina dei Paleologi, comincia un periodo della storia dell’Impero nel quale si avrà un’altra rinascenza della cultura artistica (appunto la cosiddetta Rinascenza Paleologa), che fornirà testi ed eruditi che emigreranno verso Occidente, maestri di greco degli umanisti italiani. L’Impero bizantino perderà progressivamente territori a favore dei Turchi, riducendosi nel XV secolo ad alcune zone in Grecia e alla sola città di Costantinopoli, conquistata definitivamente nel 1453 da Maometto II.