scheda catalografica 3

scheda catalografica 6

scheda catalografica 7

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scheda catalografica 12

SEZIONE I

Solo e’ libri e le scritture mie e de’ miei passati a me piacque […] sempre avere in modo rinchiuse che mai la donna le potesse non tanto leggere, ma né vedere. Sempre tenni le scritture […] serrate e in suo ordine allogate nel mio studio quasi come cosa sacrata e religiosa:

così si esprime Giannozzo Alberti, un protagonista del terzo libro dei Libri della famiglia di Leon Battista Alberti, e la prima sezione della mostra introduce appunto nello spazio privato, e nella raccolta di lettere e documenti che Alberti ivi conservava, esibendo tutte le lettere autografe sopravvissute insieme con alcuni documenti significativi.

L’insieme del materiale, ordinato cronologicamente, consente anche di ripercorrere le tappe più decisive della biografia albertiana.

Nato a Genova il 18 febbraio 1404, figlio naturale di Lorenzo di Benedetto Alberti, Battista passò ancora ragazzino col padre a Padova: il primo documento conservato è appunto una lettera di uno dei più importanti maestri del tempo, Gasparino Barzizza, che lo segnala come diligente e promettente scolaro. La morte precoce del padre (1421) lasciò Battista e il fratello Carlo in balia dei parenti: lo ricaviamo facilmente dal testamento di Lorenzo, che stabilì un lascito ai figli illegittimi ed insieme li escluse dal possesso e dal godimento dei suoi beni, rigorosamente riservati ai legittimi componenti del nucleo familiare, innestando quella situazione di tensione ed emarginazione familiare che segnò negativamente gli orfani per tutta la vita. Battista cercò una carriera di studi, frequentando a Bologna l’università di legge: non rimangono attestazioni documentarie di quel periodo e della laurea, ricordati però frequentemente nelle opere autobiografiche. Certo è che la formazione giuridica gli aprì le porte della Curia, negli anni Trenta: così dimostra un documento importantissimo del 1432, la bolla papale (scheda 3) di rimozione dell’ostativa di illegittimo, allora indispensabile per i figli naturali per l’accesso agli uffici e alle cariche ecclesiastiche, nonché la lettera di raccomandazione del 1433 della Signoria fiorentina presso il cardinal Condulmer. La Curia romana, dove divenne scrittore apostolico, fu da questo momento il luogo primario dell’esistenza, anche se da lì l’umanista si allontanò frequentemente per prestigiosi rapporti culturali e di lavoro.

Le lettere originali autografe rimaste, tutte spedite da Roma e tutte posteriori agli anni ’50, ci presentano un Alberti ormai affermato, in rapporto di stretta familiarità con famiglie potenti e impegnato in costruzioni illustri: una lettera del 1450 ribadisce il legame con i Medici e con Firenze; la famosa lettera a Matteo de’ Pasti (1454) discute particolari rilevanti della più celebre ‘fabbrica’ albertiana, il Tempio Malatestiano di Rimini (scheda 6); quattro lettere a Ludovico Gonzaga di Mantova insistono sui rapporti importanti e duraturi con la corte di Mantova, per la quale l’Alberti progettò il S. Andrea ed altre costruzioni (scheda 7).

Ben poche tracce rimangono purtroppo, nelle lettere originali, di tematiche legate alle opere letterarie, ben presenti invece in molte lettere di dedica delle opere stesse. Molti documenti invece riguardano le proprietà di Alberti, in particolare il beneficio ecclesiastico di S. Martino a Gangalandi (qui se ne espone almeno uno, del 1464 scheda 9). Il testamento, vergato poco prima della morte, nel 1472, registra tutti i cospicui beni e nel contempo consegna alla storia una significativa immagine finale dell’umanista. Conservato, con l’elenco dei lasciti, in un bel codicetto (scheda 12) messo insieme da uno degli esecutori testamentari, rivela l’ultima volontà di un uomo di studi: lasciare una quota dei suoi beni per la istituzione di un collegio a Bologna per studenti meritevoli e poveri.