Il trittico formato dai grandi tragici greci, Eschilo, Sofocle ed Euripide, insieme ai contenuti leggendari della poesia drammatica romana arcaica - comprese le Heroides di Ovidio - costituiscono la fonte primaria di ispirazione delle 9 tragedie di Seneca di difficile collocazione cronologica (La Penna), che ci sono state tramandate, le uniche sopravvissute integralmente della produzione tragica romana.

Seneca, della trama di questo ricco corpus, scelse le figure e le tematiche che meglio si adattavano all'esposizione del suo studio psicologico sull'animo umano, ovviamente analizzato secondo la propria concezione morale e filosofica ed esposto nell'originale stile poetico, ambedue finalizzati ad una diretta comunicazione con il pubblico dei contemporanei a cui si rivolgeva.

Destinate alla pubblica lettura, le pièces sono caratterizzate da un linguaggio altamente declamatorio ritenuto adatto ad esprimere le fortissime e vibranti passioni che muovono i personaggi, sempre implicati in complessi drammi interiori vissuti all'interno del vincolo di sangue famigliare, che li porta a compiere tragiche vendette e delitti efferati.

Per tutto l'alto Medioevo le tragedie di Seneca vennero considerate trattati morali e utilizzate al solo scopo di estrapolarne sentenze utili all'edificazione cristiana, con radicali censure della dottrina stoica presente. All'inizio del Trecento, però, si sentì la necessità di note illustrative critiche per sostenere e guidare la comprensione di testi così densi di difficoltà metriche e oscurati da complesse implicazioni mitologiche, come si dichiara nel loro primo commento del domenicano inglese Nicola Trevet (Padova, Biblioteca Universitaria, ms. 896), a cui lo aveva richiesto il cardinale Niccolò da Prato tra il 1307 e il 1317.

E fu proprio in quello stesso primo quarto del secolo XIV che le tragedie ebbero anche la loro riscoperta come genere letterario autonomo ad opera del circolo dei cosiddetti 'preumanisti padovani', ad uno dei quali, Lovato dei Lovati, si deve, in particolare, il fortunato ritrovamento, presso l'abbazia di Pomposa, del più antico codice completo delle tragedie, detto Etruscus (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, pluteo 37.13), collocabile tra il secolo XI e il XII in cui così si susseguono i nove testi: Hercules furens, Troades, Phoenissae, Medea, Phaedra, Oedipus, Agamennon, Tyestes, Hercules Oeteus.

Sotto il suo nome ci resta anche una praetexta, di argomento romano - assente nel pluteo 37.13 - in cui , in particolare, Seneca compare come attore, l'Octavia: Nerone ripudia la moglie Ottavia, figlia di Claudio e Messalina, per sposare Poppea. Il popolo indignato, si solleva in favore di Ottavia, ma Nerone fa reprimere la sommossa e dà al prefetto l'ordine di deportarla nell'isola di Pandataria, dove sarà eseguita la sua condanna a morte.