De laboribus Herculis

Per comprendere come Salutati costruisca una vasta trattazione enciclopedica a partire dal mito di Ercole occorre in primo luogo ricordare l’importanza di Seneca nella cultura del Trecento. La lettura attenta dei due Hercules senecani, in particolare il Furens, è alla base della realizzazione del De laboribus Herculis. L’opera, sicuramente iniziata dopo il 1375, è trasmessa in due redazioni, entrambi interrotte. Il progetto dell’opera, inizialmente, era quello di fornire una interpretazione delle due tragedie evidenziando le diverse caratteristiche che in esse assume Ercole. Questo lavoro interpretativo doveva essere compiuto attraverso il ricorso all’allegoria. Ma con il tempo obiettivo di Salutati divenne la trattazione esaustiva, enciclopedica quasi, del mito di Ercole, pur sempre nel quadro dell’interpretazione allegorica e quindi morale della poesia antica.

Il De laboribus Herculis si presenta come il contenitore massimo delle conoscenze letterarie ed erudite di Salutati: cita Seneca, Virgilio, Ovidio, il Mythographus Vaticanus III, Fulgenzio, Catullo, Igino, Pomponio Mela, Vibio Sequestre, Plauto; la cultura medievale è massicciamente presente con Bernardo Silvestre, Eberardo di Béthune, il Graecismus, Pietro Comestore, il Physiologus, Solino, Rabano Mauro, Marziano Capella, Vincenzo di Beauvais, Vitale di Blois, l’Aristoteles latinus, le grandi raccolte enciclopediche, lessicali ed etimologiche. La Bibbia anche è ampiamrente presente.

Già la sola ricognizione del ventaglio delle fonti, presso che divisa equamente tra classiche e medievali, rende evidente la contraddizione insita nell’opera stessa: concepita e strutturata secondo modelli tipici dell’età precedente, ma mette a profitto un forte spirito umanistico innovatore nel riferimento ad autori classici letti e discussi di prima mano, talora di recente diffusione.